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Femminismo postumano e decentramento dell’anthropos inun’ottica ecofemminista.

Cenni sul libro Il postumano. Femminismo di Rosi Braidotti

Recensione del libro uscito nel settembre del 2023, per DeriveApprodi.

Terzo libro dedicato al tema dall’autrice – filosofa femminista e docente di studi di genere presso l’Università di Utrecht


di Marina Mannucci


È uscito nel settembre del 2023, per i tipi di DeriveApprodi, Il postumano. Femminismo,
terzo libro dedicato al tema dall’autrice Rosi Braidotti, filosofa femminista e docente di
studi di genere presso l’Università di Utrecht.

La tesi di partenza dell’autrice è che il pensiero dominante sul postumano, «nella sfera
pubblica oltre che nella ricerca accademica attuale, ha trascurato la teoria femminista,
benché essa in realtà abbia previsto e anticipato la svolta postumana. Il femminismo
postumano mira a ricostruire questo anello mancante e a dimostrare che si tratta in realtà
di due facce della stessa medaglia. Vivendo in tempi che ho definito come “convergenza
postumana”, nei miei due volumi antecedenti – Il postumano. La vita oltre l’individuo, oltre
la specie, oltre la morte (Braidotti 2020) e Il postumano. Saperi e soggettività (Braidotti
2022) – credo che questo progetto intellettuale sia urgente e necessario» 1 . Questo nuovo
volume completa la linea di pensiero avviata nei precedenti individuando e vagliando le
tendenze postumane emergenti nel campo della teoria e della pratica femminista
contemporanea. «Il femminismo è storicamente un movimento ugualitario cosmopolita, ma
anche un progetto trasformativo, radicale e decoloniale, volto ad affermare la positività
delle differenze che contrassegnano i soggetti sociali esclusi e marginalizzati» 2 . La
radicalità del progetto femminista risiede dunque, secondo Braidotti, nella sua pratica
sovversiva che ipotizza rappresentazioni alternative all’umano – convergenza postumana
– e che progetta nuovi mondi possibili, facendo riferimento, non a un avvenire utopico, ma
alle condizioni storiche attuali dell’Antropocene contrassegnato da cambiamenti epocali e
interconnessi. In ambito sociale si assiste all’aumento di ingiustizie strutturali dovute a una
distribuzione di ricchezza e benessere iniqua e a un aumento di tecnologia fuori controllo.
In ambito ambientale intere specie sono state distrutte e il pianeta sta subendo gravi crisi
climatiche ed epidemie. A livello tecnologico, «lo statuto e la condizione dell’umano sono
ridefiniti dalle scienze della vita, la genomica, le neuroscienze, la robotica, le

nanotecnologie, le nuove tecnologie dell’informazione e le nuove interconnessioni digitali
che abbiamo a disposizione» 3 . Il libro affronta l’analisi di questi sviluppi contraddittori della
storia contemporanea, proponendo nella prima parte del volume una critica
dell’umanesimo e dell’antropocentrismo e delineando gli aspetti creativi, propositivi e
speculativi dell’agenda femminista postumana nella seconda parte. Esso raccoglie, inoltre,
«un’ampia gamma di materiale esplicativo, una selezione critica dei testi più rilevanti, un
denso apparato di note e una ricca bibliografia delle diverse genealogie del femminismo,
al fine di onorarne e preservarne l’eredità» 4 . Punto di partenza del femminismo postumano
è il riesame e la valutazione critica del seguito dell’umanesimo, senza abbandonarlo del
tutto. Seguendo questa linea di pensiero Braidotti scrive che la svolta postumana
femminista «corregge i deliri di onnipotenza tecnologica e produce visioni critiche più
complesse del potere contemporaneo» 5 e propone un’analisi delle attuali relazioni
trasversali di potere e di disgregazione delle forze politiche progressiste prendendo spunto
dall’etica del filosofo olandese Baruch Spinoza: «Questa forza affermativa risiede in uno
sforzo collettivo per respingere il senso di smarrimento e perdita, e nella ricerca della
creatività che può generare nuovi progetti in un orizzonte di speranza. Speranza come
passione collettiva pratica e concreta, sostenuta da un’immaginazione che sprona la
critica e la lotta per generare nuovi valori di collaborazione a divenire» 6 . Consapevole del
difficile contesto sociale contemporaneo, caratterizzato da una regressione che provoca
crescenti diseguaglianze economiche, ritorno al sessismo, al razzismo e a un’ondata
populista che nega il cambiamento climatico, Braidotti crede che la scintilla per resistere e
immaginare nuovi futuri possibili possa essere l’immaginazione sostenuta da una
collettività. La proposta di un’etica affermativa e relazionale si basa su un’ontologia
pacifista e una prassi politica che supporta valori comunitari femministi. Con un
radicalismo affermativo sostiene che: «Questo «noi» è un «noi- che-è-sulla-stessa-barca-
ma-che-non-è-né-l’Una-né-la-Medesima» 7 e che, grazie a cartografie critiche delle
ingiustizie presenti e valorizzando il potenziale etico anche del «popolo che manca»,
potranno emergere visioni per ricodificare la congiuntura contemporanea. Per introdurre
una simile pratica etica è indispensabile creare «interconnessioni trasversali che includano
categorie, culture e specie di ogni declinazione» 8 . In parte, questo percorso è già stato
intrapreso da alcuni ambiti della ricerca accademica femminista, attraverso un costante
impegno sull’intreccio delle diverse discipline e tradizioni metodologiche con l’obiettivo di
creare un nuovo soggetto collettivo: «Questo soggetto è un assemblaggio – un «noi» –
che include un insieme di umani e non umani zoé/geo/tecno-vincolati, collegati tramite
network computazionali e relazioni terrestri. È una singolarità complessa, incarnata e
situata, che condivide con tanti altri un’interconnessione vitale e autorganizzante, ma mai
caotica» 9 . Per la costruzione di una responsabilità collettiva, Braidotti sostiene sia
necessario attivare una collaborazione che non disconosca le differenze di
posizionamento, o di posizionamento di diritti e di risorse tra i diversi gruppi: «Compito del
femminismo postumano è creare schemi di interconnessione collaborativa, di
interdipendenza reciproca, di cura e di compassione […]. Il modo più efficace per farlo è
attenersi alla realtà, agire localmente pensando globalmente, coltivare un approccio
affermativo e solidale, senza mai dimenticare quanto dobbiamo a un’infinità di altri, umani
e non» 10 . Gli interrogativi che il postumano solleva vengono analizzati nel terzo capitolo

con un’ottica ecofemminista che: riconosce l’urgenza di ridare valore al non umano,
includendo anche entità inorganiche; estende la critica allo specismo per permettere
analisi scrupolose delle emarginazioni sistemiche; si ricollega ai femminismi indigeni e
decoloniali ricchi di relazioni e tradizioni che riguardano le relazioni tra natura e cultura e
che svolgono un ruolo importante per riconoscere e denunciare i legami tra imperialismo,
espropriazione e devastazione ambientale. La portata del pensiero ecofemminista
consiste nel mettere in luce le affinità tra sfruttamento delle donne, persone LGBTQ+ e
individui indigeni e post-coloniali e quello delle altre specie: «Patriarcato, capitalismo,
razzismo, colonialismo, antropocentrismo e tecnoscienze sono fenomeni interconnessi
che esercitano un notevole potere attraverso pratiche istituzionali e reti di relazioni» 11 .
L’ecofemminismo opera in maniera radicale un decentramento nei confronti dell’Anthropos
che permette di allargare il campo di indagine anche oggetti e soggetti non-umani: «[…] la
distinzione tradizionale fra vita umana (bios) e vita non-umana (zoe) viene cancellata,
facendo così di una moltitudine di entità in relazione con la zoé i nuovi parametri di
definizione dei soggetti postumani di oggi» 12 ; così facendo, viene avviata una nuova
politica ecologica egalitaria fondata sul rispetto di zoé, cioè dei non-umani, in alternativa ai
diritti umani universali. Braidotti affronta anche il tema del razzismo ecologico, prendendo
in considerazione la scuola del postcolonialismo green, chiamando in causa gli aspetti
ecologici dell’imperialismo, ed esaminando i legami trasversali tra colonialismo,
antropocentrismo ed eurocentrismo: «L’agenda ecocritica postcoloniale rende conto delle
modalità di alterazione e danneggiamento degli ecosistemi planetari perpetrate
dall’imperialismo, tra cui l’“ecologia dell’invasione” e l’“imperialismo ecologico”» 13 con la
conseguenza di una diaspora naturale che ha visto l’introduzione forzata di piante e
specie animali estranee nei territori colonizzati che rientra tra uno dei tanti aspetti della
crisi climatica. Braidotti definisce tali pratiche «bio-colonialismo» perché oltre
all’appropriazione di terre indigene e asservimento delle popolazioni che le abitano,
vengono eliminate le prospettive indigene su pratiche ecologiche e di gestione della terra
e introdotti in maniera forzata metodi occidentali. Il rifiuto di considerare la terra come
ricettacolo di risorse da sfruttare e di separare gli esseri viventi dall’ambiente dal quale è
co-prodotta è il punto che avvicina ecofemminismo e pensiero indigeno e che apre
all’ipotesi dell’esistenza di un continuum multinaturale tra tutte le specie e include anche i
non-umani: «L’accelerazione postumana opera come una lente d’ingrandimento che
illumina questioni, complicazioni concettuali e metodologiche rimaste finora troppo
implicite. Molte di queste sono dovute all’idea – ovvia al punto da risultare banale, eppure
sempre sottovalutata – secondo la quale, come ci ricordano le ecofemministe, tutti noi, in
quanto entità incarnate e situate, siamo abitanti della stessa terra e apparteniamo quindi
allo stesso ecosistema naturale 14 . La terra non è un elemento fra tanti altri, ma l’unico che
ci aggrega tutti e tutte in una forma di immanenza radicale, cioè la materia vivente 15 » 16 .
Braidotti sostiene questo pensiero di legame e interazione con la terra riprendendo la tesi
proposta nell’opera Le contrat naturel 17 da Michel Serres, in cui il filosofo francese,
scomparso nel 2019, propone la sostituzione del contratto sociale vigente, fondato sui
principi di razionalità e di diritto, con un contratto naturale per definire un rapporto di

simbiosi e reciprocità con il nostro pianeta, attualmente sottoposto a espropriazione
violenta. La specie umana è considerata da Serres un parassita incapace di rispettare
l’organismo che lo ospita e così facendo sancisce la propria estinzione di massa. Per
sfuggire a questa drastica soluzione finale, l’ecofemminismo propone una svolta post-
antropocentrica che consiste nell’accoglimento dell’interdipendenza simbiotica che
intratteniamo con le altre specie. «Questo attivismo proattivo esprime le capacità comuni
agli esseri viventi, di potenziare le loro possibilità virtuali e generare interconnessioni
multiple ancora inesplorate. […] Dove una volta regnava l’Anthropos, ora prosperino le
alleanze eterogenee e transpecie» 18 .
Realizzare questi obiettivi per costruirsi una Vita Concreta, a fianco di esseri umani e non,
richiede: umiltà e pazienza.

1 Rosi Braidotti, Il postumano. Femminismo, vol. III, Roma, Derive Approdi, 2023, pp. 10-11.
2 Ibidem, p. 11.

3 Ibidem, p. 12.
4 Ibidem, p. 19.
5 Ibidem, p. 84.
6 Ibidem, p. 300.
7 Ibidem, p. 302.
8 Ibidem, p. 304.
9 Ibidem.
10 Ibidem, p.306

11 Ibidem, p. 89.
12 Ibidem, p. 105.
13 Ibidem, p. 106.
14 Cfr. Genevieve Lloyd, Part of Nature. Self-knowledge in Spinoza’s Ethics, Ithaca, Cornell University Press,
1994.
15 Cfr. Rosi Braidotti, The posthuman, Cambridge, Polity, 2013, trad. it. di Angela Balzano, Il postumano. La
vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte, Roma, DeriveApprodi, 2020.
16 R. Braidotti, Il postumano. Femminismo, cit., p. 127.
17 Michel Serres, Le contrat naturel, Paris, François Bourin, 1990; ed. inglese: The Natural Contract, Ann
Arbor, University of Michigan Press, 1995.

18 R. Braidotti, Il postumano. Femminismo, cit., p. 130.

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