Femminile Maschile Plurale Articoli di femministe Paola Patuelli: come diventai femminista

Paola Patuelli: come diventai femminista

Le Socie Scrivono – Pagina 2 – La Casa delle Donne di Ravenna

Se ripenso al mio incontro con il femminismo, ho la conferma di una mia ormai consolidata convinzione.

Ogni nostra storia è una storia al singolare. Singolare è stata la mia origine, che considero, ora, fortunata.

Per molto tempo l’ho considerata semplicemente normale. Madre e padre erano antifascisti resistenti. Mia madre Silvia aveva respirato il bisogno di liberà in una famiglia antifascista e sua madre, senza tanti discorsi, le aveva mostrato come si conduce una vita libera. Mio padre Nello fu una eccezione, rispetto ai maschi della sua generazione. Desiderava una figlia femmina perché, diceva, le donne sono migliori degli uomini. Aveva avuto una ottima madre e un pessimo padre. E generalizzò, senza tanti approcci teorici. Silvia fu fra le fondatrici dei Gruppi di difesa della Donna e, subito dopo la liberazione, dell’Udi di Ravenna. Emancipazione per lei era un insieme inscindibile di antifascismo, diritti, lavoro. Il conflitto fra i sessi, che vedeva e soffriva, era uno dei tanti volti di una società ingiusta. Il socialismo lo avrebbe risolto, e l’Udi poteva essere per questo una utile strada.

L’emancipazione l’avevo quindi in casa e – pensavo – la libertà già mi apparteneva.

L’incontro con il femminismo è stato tardivo ed è avvenuto all’interno di una strada che si è aperta dentro al mio partito, il Pci. Verso la fine degli anni Ottanta, quando molti terremoti erano in corso o stavano avvicinandosi. Livia Turco incontrò il femminismo romano e ne comprese la forza, che vedeva l’emancipazione come dato storico acquisito e indicava nuove mete, che solo le donne in relazione fra di loro potevano intravedere.

C’era una nuova cultura da mettere al mondo. Tutto da ripensare. Modi di vivere, riconoscimento dei limiti allo sviluppo, relazioni familiari, sessualità e amore, immaginari arcaici da decostruire.

Un lavoro immane, da fare con forza, autonomia di giudizio, libertà.

Fuori da vecchi recinti.

Già Enrico Berlinguer, anni prima, aveva compreso e detto che nella storia stavano entrando nuovi protagonismi, da riconoscere e da ascoltare, come le donne, i giovani, gli ambientalisti. Credo quindi di essermi avvicinata al femminismo per questa strada, rivelatasi poi molto stretta, dentro il/un partito.

Ma, per mettermi in regola con la mia coscienza, ho cominciato un mio itinerario. Certo, in relazione con amiche, femministe da tempo, o femministe recenti, con le quali, per qualche anno, facemmo vivere un gruppo di riflessione, che chiamammo Aspasia, omaggio alla compagna di Pericle, donna libera e sapiente.

Ma presi anche una mia strada singolare, di studio e ricerca, per recuperare decenni perduti. Lo feci con due care amiche, Piera Nobili e Serena Simoni, con le quali, per circa venti anni, concepimmo corsi e semimari di studio e dialogo, fra noi e con molte altre donne. In particolare, con le Donne in Nero di Ravenna.

I precedenti anni, però, non erano del tutto perduti, perché lo studio della storia e della filosofia, monopolio dell’uomo fino a pochi decenni prima, mi aveva dato strumenti di indagine certamente non disprezzabili. Ma da quel momento – indagine ancora in corso, dopo più di trenta anni – ho privilegiato, pur continuando a studiare anche altro, lo studio della storia delle donne scritta da donne e della filosofia pensata da donne.

Mi sono guadagnata quel po’ di femminismo che è in me, passo dopo passo, fatica dopo fatica. Fatica che mi consente di resistere ad ogni tentazione di enfasi teorica e retorica. Perché il femminismo non è uno, ma molti. Non è sovra storico ma storico, fin dalle sue origini. E qui si aprirebbe un’altra complicata storia, una ricerca che non finirà mai.

L’incontro con Lea Melandri ha poi rafforzato la mia precedente laicità nell’affrontare ogni questione, femminismi compresi. Laicità che accoglie anche la relazione con gli uomini – pochi – che stanno mettendo in discussione la loro storia, il virilismo simbolico e il tragico nesso fra presunto amore e possessiva violenza che ancora nutre una guerra che viene da molto lontano, dalle origini della cosiddetta umana civiltà. Per dare continuità a questa inedita relazione fra donne e uomini, abbiamo fondato a Ravenna, nel 2008 – molte donne e qualche uomo -, l’associazione Femminile Maschile Plurale.

In questo modo, un po’ tortuoso, sono diventata femminista. Anche femminista. Non solo. Sono una creatura animale, di razza umana, e di sesso femminile. Chiusa in casa in questo momento, perché una pandemia dovuta in buona misura alla razza umana, con responsabilità prevalentemente maschili, in casa ci costringe.

Ravenna, 29 aprile 2020

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